Postfazione

 

La conclusione di questo lavoro è per me come uscire da un sogno.

Il progressivo immergermi nelle ricerche e nella stesura mi ha coinvolto fino a stregarmi.

Ha rappresentato una droga, un’evasione dalla realtà, specie nei momenti in cui questa si presentava angosciante: dimenticavo impegni e scadenze, come a volendomi immergere in un mondo diverso, voler prendere una boccata di ossigeno, nella speranza che il ritorno alla realtà quotidiana mi facesse trovare i problemi magicamente risolti, mentre una frase, ispirata a noti versi, picchiava ossessivamente alla testa:

« ... oimé, quanto somiglia

al tuo destino il mio!»

Anche se con presupposti e modalità completamenti diversi, mi son trovato in una situazione drammaticamente simile, al margine di un contesto in cui non sono riuscito – o forse non ho voluto - inserirmi.

Non ho cercato padri benevoli, convinto che la condizione di adulto imponga di reggersi sulle proprie gambe e camminare da soli: ed ho camminato fino a sfiancarmi.

Ho inseguito costantemente un sogno, un’utopia anacronistica, nella speranza che il tempo scorresse col mio ritmo; ma l’evoluzione del contesto sociale ha una sua inerzia che non può essere forzata ed io mi ritrovo costretto a fermarmi sul margine ed attendere … forse tempi che non vedrò mai!

* * *

Avevo un debito da saldare verso la mia adolescenza: ho tentato di farlo e sono giunto ora al termine.

Me ne resta un altro … verso la vita, sul quale da tempo lavoro e che ora alacremente riprendendo per saldare anche questo, prima che sia troppo tardi.

Ho tanto da dire ed in modo più esplicito di quanto non stia ora facendo, se il tempo benevolo me ne darà il modo, prima di poter pronunciare sereno il mio

«Nunc dimittis …»