A. Il giovane nell'attuale contesto socio-ambientale.

 

Spesso, di fronte alla frustrazione causata in noi dalla non rispondenza dello studente alle nostre attese, perdiamo di vista che egli è semplicemente il frutto del contesto sociale che la nostra generazione e quelle che ci hanno preceduto, hanno costruito.

Potremmo considerarlo un frutto mal riuscito, in omaggio ad un rito perpetuato da millenni e testimoniato anche da Orazio, nella sua definizione del vecchio laudator temporis acti se puero, ma questo non ci esime da una riflessione che potremmo compendiare nell’espressione popolare che tanto pittorescamente ci ricorda: chista è a zita, ...

Nel bene o nel male, i giovani affidati al nostro compito di educatori sono questi, con questi pregi e con questi limiti.

Una cosa è certa: la funzione di educatori oggi è più difficile di prima per tanti motivi.

  • Il divario con la generazione precedente è maggiore di quanto non lo fosse nel passato; la differenza è dovuta ai mezzi di comunicazione di massa che in tempo reale diffondono le nuove idee da ogni parte del mondo.

  • Le istanze trasmesse ai giovani non sono più omogenee; i giovani sentono contemporaneamente molti orientamenti di vita e spesso sono implicitamente chiamati ad operare di fatto delle scelte per le quali non sono ancora maturi.

  • Pur non essendo economicamente autonomi, sono ossessivamente circuiti da un apparato pubblicitario che vede in loro dei formidabili consumatori; spesso sono i genitori che comprimono le loro esigenze per non far mancare ai figli il superfluo.

  • Il forzato dilatamento del periodo di preparazione al lavoro, prolunga la fase adolescenziale, in contrasto con una realtà biologica che resta ai livelli dei nostri remoti antenati.

Potremmo continuare quest’elenco all’indefinito; ma la conclusione da trarre resta sempre la stessa: è colpa loro se spesso ci appaiono disorientati e demotivati?

Forse dovremmo riflettere se è legittimo reputare soltanto loro responsabili delle difficoltà dovute per una certa parte anche a nostri limiti; saremmo più comprensivi se pensassimo al disorientamento e alla demotivazione che in certi momenti coinvolge noi!

Esula dai nostri obiettivi lasciarci andare ad un’analisi sociologica dell’attuale situazione e ancor più indulgere alla futurologia, ma per una esatta puntualizzazione del disagio giovanile non possiamo esimerci da qualche considerazione in tal senso.

a) La scuola superiore,
crocevia di conflittualità.

Si suole considerare l’attuale periodo storico come un periodo di transizione; è altrettanto vero che l’adolescenza costituisce una fase di transizione.

Conflittualità tra due culture
dalla
valle di lacrime al giardino dell’eden?
 

Contesto sociale passato. Sia pure con alterne vicende e con ampia variabilità individuale e di particolari gruppi, fino al secolo scorso la concezione della vita non era certo eccessivamente ottimistica: il mondo era considerato una valle di lacrime; l’uomo, tendente fondamentalmente al male, doveva essere disciplinato da rigide regole e da un’autorità che le facesse rispettare; il lavoro una dura necessità per la sopravvivenza stessa dell’uomo.

Tutta la cultura ufficiale era concorde in questo orientamento e le poche voci di­scordanti venivano censurate, anche perché le informazioni giungevano ai ragazzi accura­tamente filtrate dalla famiglia e dagli educatori.

Ipotesi di un contesto futuro. Volendoci proiettare nel futuro, potremmo ipotizzare un mondo più sereno, nel quale all’autoritarismo vada subentrando la solida­rietà fra gli esseri umani e alla concezione del lavoro come dura necessità per la vita, il bisogno di realizzarsi come homo faber.

Incoerenze dell’attuale società di transizione. L’attuale società sembra volersi scrollare di tutte le costrizioni passate, senza però avere elaborato nuove regole di vita che emergano da più profonde esigenze della natura umana, consolidate come patri­monio archetipico.

Emergono nuove esigenze di giustizia, di solidarietà, di rispetto per la dignità umana, ma non trovano ancora il substrato in cui armonicamente svilupparsi.

Volendo usare una similitudine evangelica, è il vino nuovo messo in un otre vecchio:

«... Nessuno mette un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio, perché il rattoppo squarcia il vestito e si fa uno strappo peggiore. Né si mette vino nuovo in otri vecchi, al­trimenti si rompono gli otri e il vino si versa e gli otri vanno perduti.» (Matt. 9, 16-17)

Conflittualità tra due età della vita:
dal perverso polimorfo all’homo sapiens?

L’egocentrismo iniziale. Il bambino alla nascita è incapace di prendere in considerazione il mondo esterno. Gradatamente stabilisce un rapporto e la sua visione del mondo si va progressivamente ampliando.

Non è agevole per lui accettare e far proprie le regole di una serena convivenza, specialmente se non trova un contesto che le presenti in maniera serena e coerente.

La socializzazione della piena maturità. La piena maturità, quando vi si arriva, dovrebbe portare l’individuo alla piena capacità di inserirsi armoniosamente nel contesto sociale.

Le contraddizioni adolescenziali. La fase adolescenziale e giovanile rappresenta il punto tumultuoso di passaggio fra i due stadi, all’insegna di inevitabili contraddizioni e incoerenze.

La scuola:
teatro di interazione fra due incoerenze.

La scuola superiore, anch’essa coi suoi enormi problemi, si trova nella difficile situazione di dover gestire il processo formativo giovanile in un contesto anch’esso incoerente e caotico.

Diventa quindi comprensibile, come abbiamo già detto, il disagio dei docenti:

disorientati nocchieri col compito di traghettare con una barca malferma (scuola), un equipaggio irrequieto (alunni), in un mare in tempesta (società).

Esaminiamo meglio qualcuno dei concetti accennati.

Evoluzione sociale.
 

Se consideriamo i grandi periodi storici, possiamo constatare come l’umanità si evolva costantemente verso forme di organizzazione sempre migliori, anche se in periodi circoscritti possiamo avere l’impressione di una qualche involuzione.

Potrebbe essere utile una riflessione su alcuni dei grandi temi:

Concezione dell’uomo.

Concezione passata.

L’uomo tende spontaneamente al male.

Compito dell’educazione è di inculcargli le buone abitudini e vigilare costantemente perché le mantenga; le tendenze perverse potrebbero sempre affiorare, si richiede quindi un’attenta vigilanza da parte della società.

Tendenze attuali

Ciò che conta è la libertà e il benessere individuale.

Compito degli adulti è mettersi a disposizione dei giovani per soddisfare le loro esigenze.

L’impegno di ciascuno è quello di portarsi avanti, raggiungere un buon livello sociale ed economico e far valere i propri diritti.

Ipotesi per il futuro.

Scopo della vita è la piena realizzazione di sé nel proprio contesto sociale.

Gli adulti hanno il compito di trasmettere le informazioni in loro possesso e le esperienze vissute ai giovani, perché questi le utilizzino per costruire la loro vita. Spetta alla nuova generazione costruire il proprio contesto sociale.

 

Concezione dell’autorità.

Tenendo conto delle premesse precedenti, i saggi elaborano le regole di comportamento per regolare i rapporti reciproci ed è affidato alle autorità costituite il compito di imporle anche con mezzi coercitivi.

I giovani non hanno ancora voce in capitolo. Debbono solo ubbidire, anche se recalcitranti.

L’autorità è un puro arbitrio e ciascuno è libero di pensare e agire come crede.

Quello che importa è realizzare quello che più fa comodo senza intralci autoritari.

Quanto agli altri, che si arrangino.

Ogni individuo dovrebbe raggiungere un livello di maturità tale da riconoscere agli altri quanto vorrebbe per sé.

Ne scaturisce uno spirito di solidarietà che rende superflua l’imposizione.

L’autorità è un ruolo di servizio, intercambiabile, col compito di facilitare il raggiungimento degli obiettivi, come fra buoni amici che si alternano alla guida di un automezzo.

 

Concezione del dovere

La persona onesta deve impostare tutta la vita sul dovere, prima il dovere e poi il piacere (se resta spazio).

Si preferisce sorvolare sui doveri, per enfatizzare i diritti.

Se si parla di doveri, sono sempre quelli degli altri.

Il dovere è concepito non come una limitazione o imposizione, ma come uno strumento utile per una migliore organizzazione della propria vita.

Il dovere è solo un differimento del piacere.

 

Concezione del lavoro.

Concezione passata

Il lavoro è una dura necessità per la sopravvivenza.

Il ragazzo deve essere abituato fin da piccolo al lavoro.

Tendenze attuali

E’ sempre meglio rimandare il tempo in cui bisogna iniziare a lavorare; finché si può, è preferibile vivere del lavoro degli altri.

Ipotesi per il futuro

Il lavoro è un modo di realizzarsi nella vita ed un servizio agli altri per compensare quanto gli altri fanno per noi col loro lavoro.

 

Concezione della sessualità

Analogamente a quanto avviene nel mondo animale, l’unico scopo della sessualità è la procreazione.

Se nell’uomo non si manifesta solo quando la procreazione è possibile, come avviene negli animali, è colpa del peccato originale che ha pervertito gli istinti.

Qualsiasi espressione che esula dalla prospettiva della procreazione deve quindi essere repressa.

Le perplessità sulla concezione passata, giudicata riduttiva, portano molti ad accantonare le norme morali e a reputare la sessualità unicamente come mezzo di piacere.

Nella specie umana la sessualità acquista un significato prettamente umano: accanto alla finalità biologica, è considerata una forma di linguaggio, come espressione di amore.

La moralità è intrinseca all’atto stesso: è morale quando esprime realmente l’amore, mentre è immorale quando è solo la ricerca di un piacere egoistico ottenuto strumentalizzando l’altra persona.

 

Giustificazione religiosa.

Per spiegare come un Dio buono abbia potuto creare l’uomo tendente al male, si è ricorso al peccato originale.

La Redenzione ad opera di Gesù è l’espiazione di questo peccato.

Noi, ciò malgrado, dobbiamo fare penitenza per continuare l’espiazione di questa colpa, insieme a tutte le altre da noi stessi commesse.

La legge morale è l’espressione diretta della volontà di Dio, voluta per frenare le tendenze al male; ha un carattere coercitivo e la sua trasgressione comporta la dannazione eterna.

L’insoddisfazione di molti per la concezione passata porta ad atteggiamenti diversi:

Alcuni restano fedeli in modo rigido alla concezione passata.

Altri seguono una blanda pratica religiosa, a livello formale, quando ne hanno voglia.

Altri ancora fanno coincidere la religiosità con un qualche aspetto passato poco accettabile e non condividendolo, generalizzano negando tutto.

Altri infine entrano in un conflitto insostenibile dal quale evadono negando ogni valore religioso.

L’uomo senza il peccato originale, non è storicamente esistito; è un ideale dato da Dio all’umanità, perché vi tenda nel corso dei secoli.

Gesù è venuto al mondo per dare un impulso in questa direzione, attraverso un messaggio e un modello di vita perfetto.

La Grazia è l’immagine di Cristo in noi che ci aiuta a realizzare il suo messaggio e il suo esempio.

Compito del credente è guardare oltre la materialità, per protendersi costantemente verso la realizzazione del Regno dei Cieli.

La legge morale è la codifica delle esigenze umane più profonde, proposta come ideale di vita..

 

b). Specificità dell’insegnamento
nelle diverse scuole.
 

Educare significa mettere il giovane individuo in grado di inserirsi in un contesto sociale sempre più complesso, in cui il benessere non è limitato, come nelle altre specie animali, alla sopravvivenza individuale e della specie, ma si estende al pieno godimento, in armonia con quanto ci circonda.

Per raggiungere questo obiettivo l’uomo utilizza il pensiero e l’azione, mediante i quali analizza, studia le leggi che regolano la realtà e la controlla; nello stesso tempo si accosta globalmente ad essa per assaporarne la bellezza esaltandone con un processo creativo i vari aspetti.

La funzione di trasmettere gli strumenti per raggiungere tutto questo è affidata alla scuola. Poiché è l’uomo artefice e nello stesso tempo oggetto del benessere, la scuola non può avere come scopo formare dei robot programmati per compiti specifici; deve mettere i singoli individui in grado di godere degli apporti di tutti i loro simili.

Per questo motivo, pur privilegiando la singola disciplina che forma oggetto della specializzazione professionale, non può trascurare l’insieme delle conoscenze. Ovviamente, la trasmissione di queste conoscenze non può essere omologata per tutti, ma deve essere adeguata alle esigenze della singola categoria.

Esiste una notevole differenza tra contesti scolastici all'interno dei quali gli insegnanti si trovano ad operare.

L'Istituto Professionale, ad esempio, oggi (e non a caso la sua istituzione è relativamente recente), è in sintonia con le più avanzate richieste culturali e produttive della società contemporanea: favorire l'emergere di una nuova dimensione lavorativa e formare una più ampia consapevolezza sociale, in modo da coniugare, anche nell'operaio, le qualità tecnico-professionali con solidi contenuti di carattere culturale.

Tutto ciò presuppone un'impostazione didattico-formativa che valorizzi le risorse degli allievi potenziandone le specifiche capacità attraverso un insegnamento necessariamente individualizzato e nello stesso tempo in sintonia con gli obiettivi programmatici.

In particolare, mentre nelle scuole medie superiori di tipo tradizionale (licei, magistrali, istituti tecnici), che hanno un carattere

selettivo, è richiesto di applicare definiti standard di apprendimento con la conseguente esclusione di quanti non riescono a conformarvisi, negli istituti professionali, un tale criterio si rivela del tutto inopportuno. Ciò comporta una diversa competenza e implica un impegno sia educativo che didattico con caratteristiche del tutto diverse.

Inoltre, mentre per le scuole a carattere umanistico ed in una certa misura anche per gli istituti tecnici la formazione culturale ha carattere di essenzialità e costituisce l’oggetto specifico della formazione scolastica, nelle scuole professionali ha un carattere che possiamo definire strumentale all’attività lavorativa specifica ed alla piena realizzazione della condizione umana nel contesto in cui si vive.

Non si tratta semplicemente di ampiezza o di articolazione dei programmi, ma di modalità diverse di presentazione.

Un insegnante proveniente da un liceo che volesse tentare di presentare in un istituto professionale con lo stesso metodo le nozioni che formano oggetto del programma, andrebbe incontro ad un insuccesso fin troppo scontato. Non gli resterebbe altro modo di superare le sue frustrazioni che ripetere il rito della monotona deplorazione dell’ottusità e del disinteresse degli alunni.

Un esempio concreto potrebbe chiarire meglio il concetto.

Lo studio di un’opera letteraria del 1300 potrebbe riuscire interessante per uno studente di liceo perché gli permette di soddisfare la sua curiosità mentale penetrando nel mondo dell’autore e nello stesso tempo gli fornisce i ferri del mestiere per la sua futura professione intellettuale; tutto questo potrebbe lasciare indifferente lo studente di un istituto professionale. Se si vuole catturare la sua attenzione, occorrerebbe privilegiare nella stessa opera una chiave di lettura dei suoi sentimenti o delle situazioni della vita di ogni giorno.

Tutto questo non è certo facile e spesso bisogna inventare nuovi metodi e differenti modalità, lontani dalla formazione universitaria ricevuta.

c) Ogni istituto è un mondo a sé.

Le esperienze da noi raccolte in questo primo anno di attività negli istituti professionali ci ha fatto toccare con mano come ogni istituto costituisca un mondo a sé.

A differenza di altri istituti nei quali l’unico cambiamento potrebbe consistere in una modifica dei programmi, gli istituti professionali hanno la necessità di adeguare la loro struttura allo sviluppo di nuove professioni e al cambiamento del mercato del lavoro nel loro bacino di utenza.

Ne deriva un costante sforzo di adattamento che spesso li porta lontano dalla fisionomia originaria; la stessa struttura edilizia e la dislocazione dei plessi diviene a volte poco funzionale alla mutata destinazione con conseguenti disagi sia per gli alunni, sia per gli insegnanti.

Si tratta spesso di difficoltà la cui soluzione non dipende dalla volontà dei docenti.

L’unica loro possibilità è la focalizzazione dei problemi allo scopo di circoscriverne eventuali riflessi negativi sull’azione formativa.

Una ricerca opportuna da compiere è il controllo dell’andamento della dispersione nel corso degli ultimi anni per le singole classi e per ciascun indirizzo, in modo da poter formulare delle ipotesi sulle possibili cause e programmare gli interventi adeguati.